Emilio Salgari era solito dire che “Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli”. Aveva composto oltre ottanta romanzi, molti dei quali ambientati in terre esotiche: dal ciclo de
I pirati della Malesia, il cui protagonista è il celeberrimo Sandokan, al ciclo dedicato ai corsari delle Antille, a quello, ancora, ambientato nel triangolo delle Bermuda; in generale, quasi ogni cosa che Salgari ha scritto ha che fare con dei mondi lontani e irraggiungibili, soprattutto se si tiene conto che i suoi libri furono scritti a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
Non è letteralmente uscito di casa Xavier de Maistre, che nel 1794 ha pubblicato un libro intitolato
Viaggio intorno alla mia camera: vi si racconta, in 42 capitoli, di 42 giorni trascorsi dall’autore in una stanza quadrata il cui lato è lungo 36 passi. De Maistre cammina, si siede, si sofferma sui mobili e sui ricordi che da essi scaturiscono, in un monologo con se stesso che a poco a poco diventa anche un dialogo contro l’«altra parte» di sé: l’anima e il corpo di de Maistre parlano tra loro, si rimbeccano, si studiano e cercano di capirsi, in un gioco di rimandi che rende l’angusto ambiente della stanza una metafora della psiche dell’autore. Perché non sempre è necessario fuggire ai Tropici per misurarsi con la Natura e con l’altro da sé.
In un interessante articolo apparso su
Sicilia, Andrea Camilleri, spiega come esistano tre tipi di scrittori che “si limitano a disegnare e a erigere un habitat ideale ai loro personaggi”. Egli distingue i geografi, i topografi e i topologi-toponomastici. I primi sono autori di grandi e piccole utopie e di una grande satira sociale. Paradossalmente sono questi autori “dell’utopia, cioè del nessun luogo, che riescono a tracciare luoghi tra i più probabili. E’ plausibilissima l'isola a forma di falce di luna che il marinaio-filosofo ltlodeo descrive a Tommaso Moro, specificandogli anche che l’isola in origine si chiamava Abraxa e che cambiò in Utopia quando venne conquistata da Utopo; e la campanelliana
Città del Sole, dove vige un rigoroso comunismo monastico, ha mura e strade percorribili allo stesso modo della
Repubblica di Platone che resta l’archetipo. La plausibilità geografica regge anche in testi utopici di più libera e meno finalizzata invenzione, come nella scatenata, folle e fantastica
Histoire des Etats et Empires du Soleil che Cyrano de Bérgerac scrive dopo un
Voyage sur la lune. Così in Jonathan Swift, l'autore della satira più feroce contro l'umanità intera è da noi esorcizzata fino al punto di farne, con opportuni tagli, un innocuo romanzo per ragazzi. Samuel Gulliver s’imbarca come medico di bordo e naufraga nell'isola di Lilliput. Le prime pagine del romanzo non lasciano per niente presagire la distruttiva carica satirica dell'opera. Gli abitanti dell'isola, negli usi e nei costumi non si distinguono in nulla da altri uomini, la loro diversità è quella di essere alti solo sei pollici. E ogni cosa che li circonda è in proporzione. Basta a Swift questa alterazione di scala per far considerare le cose umane in una luce grottesca. Guerre, lotte intestine, cerimonie, gerarchie, viste come in uno specchio che rimpicciolisce, diventano fatti insensati o ridicoli. Poi Swift rovescia il suo cannocchiale e tutto diventa gigantesco. Gulliver viene lasciato sulla riva di Brobdingnag, i cui abitanti sono alti come campanili e tutto il resto è in proporzione.
Altri scrittori indubbiamente geografi sono gli autori di viaggi fantastici, dichiaratamente fantastici, come ad esempio Jules Verne. Naturalmente i suoi
Viaggi straordinari attraverso mondi conosciuti e sconosciuti dovettero essere oggetto d'irrisione da parte dei geografi veri, se Verne sottilmente di loro si vendicò, raccontando in un suo romanzo, di un geografo francese che, dovendo partecipare a una spedizione in Brasile, si mette a studiare lo spagnolo ignaro che in Brasile si parla il portoghese.