“Non esistono regole nella scrittura, ma solo possibilità” è una frase in cui riconosco molto il tuo metodo di insegnamento. Quello che ho sempre amato, dei tuoi corsi, è il tuo modo di incentivare a un’espressione autonoma e personale. Non c’è mai giudizio, rispetto ai nostri scritti, bensì incentivo: ti segnalo su cosa puoi lavorare affinché la tua scrittura cresca e ti rappresenti. Credo che anche qui ritorni quel principio di libertà di cui si parlava sopra, che non significa ignorare le regole, bensì conoscerle affinché anche violarle possa essere un atto creativo. Questo almeno quello che percepisco io come allieva. Tu, come docente, che obiettivi ti poni?
Come docente di scrittura il mio primo obiettivo è quello di far sentire gli studenti a loro agio. So infatti che molti di loro portano addosso i segni di lontani traumi scolastici e che il rischio è che mi vedano come il ‘Maestro’ che chiede loro di scrivere ‘bene’ o che è lì per giudicare dall’alto della cattedra se hanno talento o meno. La prima cosa è sempre far piazza pulita da questi condizionamenti e spiegare agli studenti che siamo lì insieme per comprendere, attraverso la scrittura, il funzionamento del nostro processo creativo. Ognuno ha una sua modalità di creare: c’è chi è veloce e chi lento, c’è chi ha bisogno di tante riscritture e chi no. C’è chi parte sempre dalla sensazione ‘Oddio non so cosa scrivere’ e chi da quella ‘Oddio ho troppe idee, quale scelgo?’. La cosa importante nella prima fase è far comprendere che non c’è un modo giusto per approcciare la scrittura, ma che ognuno deve comprendere il proprio e nutrirlo, assecondarlo, dargli fiducia. La conseguenza di questo approccio non coercitivo è la scrittura come flusso creativo spontaneo. A quel punto, una volta scoperta questa possibilità di felicità espressiva, molto dipende dagli obiettivi dello studente. Se questo gli è sufficiente, e a molti lo è, perché vengono ai corsi di scrittura semplicemente per liberarsi da vecchi schemi coercitivi che bloccano la loro creatività, la cosa può anche finire qui. È la scrittura come mezzo per liberare la creatività. Se invece lo studente è interessato alla scrittura come fine, ossia a migliorare tecnicamente per scrivere racconti o romanzi, allora la trasmissione della tecnica è fondamentale. Bisogna imparare a dare struttura a una storia, gestire una trama, dei personaggi e via dicendo. Di incontro in incontro tendo sempre a nutrire e far crescere qualitativamente questi due aspetti: la felicità espressiva spontanea e la tecnica formale.
Io appartengo alla categoria degli studenti a cui piace approfondire anche la tecnica, un po’ per quell’ esprit de geometrie di cui si parlava prima, un po’ perché trovo faccia bene anche alla lettura, non solo alla scrittura. Grazie a corsi e laboratori ho imparato alcune sottigliezze che mi hanno aiutata ad apprezzare ancora di più la buona narrazione e a smascherare quella cattiva. I detrattori dei corsi di scrittura sostengono che chi li frequenta finisce per scrivere “tutti nello stesso modo”. Tu, da docente, cosa ne pensi? Esiste il rischio di una massificazione nella scrittura? E se sì, è davvero tutta colpa delle scuole scrittura di scrittura o c’è dell’altro?
Io vedo la vita come una storia, o una fiaba. Finché sei dentro a una storia, i rischi, i blocchi, le cadute e i fallimenti sono utili e fecondi quanto le certezze, i traguardi raggiunti e i successi. Tutto serve a portare avanti la storia, a patto che il protagonista elabori e metta a frutto. E lo ripeto:
a patto che il protagonista elabori e metta a frutto. La tua domanda mi fa venire in mente che abbiamo tutti due emisferi del cervello che lavorano cercando una sintesi e un equilibrio. Alcuni chiamano questi due emisferi logico e analogico, altri razionale e creativo, altri ancora ‘l’ingegnere’ e il ‘poeta’. Ancora una volta l’esprit de geometrie e l’esprit de finesse. La scuola, con i modelli e le tecniche narrative standard che trasmette, nutre l’esprit de geometrie. La ricerca personale, la sperimentazione, l’ispirazione, l’intuizione, gli errori e lo smarrirsi oltre i margini del conosciuto, nutrono l’esprit de finesse. Credo che se scrivi cercando di far tesoro delle tecniche apprese nei corsi di scrittura, non rinunciando però mai al piacere di provare a forzarle e farle camminare sul filo per renderle acrobatiche, avrai fatto del tuo meglio. Il resto, e per il resto intendo il risultato finale più tutto quel che si dice pro o contro le scuole di scrittura, sono solo giudizi e interpretazioni, validi o meno solo a seconda dei singoli casi presi in esame e mai in assoluto. Personalmente cerco il più possibile di non farmi intrappolare in questi discorsi, e se a volte ci riesco è grazie a una lezione su Pascal imparata anni fa proprio a scuola, ma per fortuna interpretata a modo mio.
Ringraziamo Pascal, allora, e il giovane Eric per le sue interpretazioni ribelli.
Francesca Mairani