Ma il voler raccontare qualcosa passa comunque dalla lingua, quindi da quel flusso di trasformazione che è imprescindibile. Lo scrittore inglese John Berger ci racconta che nella sua scrittura anche le parole hanno un'autonomia, vivono di vita propria e vanno lasciate libere, proprio come i personaggi.
Questo per mettere a fuoco una cosa fondamentale: è la parola la materia del nostro lavoro, ovvero il modo attraverso il quale la parola conduce una narrazione. Però, come per il tappeto, si parte dal lato opposto: si pensa alla storia. Ed è giusto. Prima si progetta il disegno, il motivo, l'arabesco, l'intreccio di colori, il risultato estetico e poi si costruisce il tappeto.
La chiave di volta del racconto, del grande racconto, non è la storia, intesa come trama, ma la lingua. La lingua, la scrittura è molto più importante della storia da raccontare. Dimostra la superiorità della narrazione. Ma in assenza di una storia la scrittura più bella è inutile.
Secondo Sebastiano Vassalli la selva oscura della Commedia è una metafora della scrittura: chi ha una grande idea dovrà trasportarla attraverso la selva delle parole scritte e dall'altra parte della selva potrebbe non restare quasi nulla.
Tutto questo a cosa ci serve? A capire il valore, anche falsificatore, della parola: quello che noi scriviamo non può essere esattamente quello che noi stiamo pensando, perché il pensiero va tradotto in parola e la parola va tradotta nella scrittura e la lingua scritta non è la stessa che noi parliamo.
Nessuno parla come scrive, né scrive come parla. E ogni tentativo in questo senso si rivela per quello che è, anche quando è ottimo: un tentativo letterario.
Le parole stanno dentro a un grande cassetto, quel cassetto è dentro di voi. Spesso però quelle stesse parole ci fanno paura, le maneggiamo con troppa cautela, siamo preoccupati di cosa ne possono pensare gli altri, siamo anche preoccupati di cosa ne pensiamo noi. Solo se riusciamo a maneggiarle con la giocosità dei bambini potremo arrivare al cuore della scrittura. Ecco allora di nuovo la pedagogia, Picasso e, se volete, anche Gesù: «Se non ritornerete come bambini». Vale per entrare nel regno dei cieli, ma, mi si perdoni il paragone irriverente, anche per entrare a fondo nella scrittura.
Le parole non sono i vettori del messaggio, ma sono il tuo mezzo per comunicare. Marshall McLuhan, sosteneva che il medium è il messaggio. Credo che questo – anche se sembra molto meno – rimanga incredibilmente vero. Il linguaggio che utilizzi, la padronanza della lingua, la pertinenza, giocano un ruolo fondamentale in quello che racconti anche oggi che il lessico sembra più povero e la scrittura ha acquisito velocità. Dante Alighieri su Facebook spopolerebbe, altro che storie.