Se pensate che trovare il luogo adatto sia stato semplice, vi sbagliate. Ero un’esordiente sconosciuta, nessuna libreria mi avrebbe preso sul serio. Restavano le soluzioni alternative. Con le amiche stendemmo un piano di attacco. Inizialmente valutammo la possibilità di chiedere una sala comunale, ma ci scontrammo con la burocrazia: i tempi di attesa erano lunghi e per alcune sale non era consentito l’utilizzo da parte di privati cittadini, ma solo di enti a personalità giuridica. Fossi stata un’associazione, avrei avuto qualche chance in più, ma benché il mio ego sia piuttosto esuberante, non arrivo ancora a rappresentare una pluralità. La parola associazione ci fece venire in mente che, nella nostra zona, vi erano associazioni culturali che affittavano sale. Anche in questo caso i tempi erano dilatati, esisteva una certa richiesta, e i prezzi non sempre erano abbordabili. Poi c’era il problema delle dimensioni: i locali non dovevano essere troppo grandi, perché non ero sicura che sarebbe arrivata questa folla oceanica, e arringare quattro gatti sparpagliati qua e là sarebbe stata una tristezza; ma al tempo stesso sapevo che almeno a un certo numero di presenze saremmo arrivati, e non volevo che le persone si dovessero sistemare una sull’altra come nel tetris. Coinvolsi diverse amiche, nella speranza di ricevere buoni input, ma nonostante i consigli piovessero copiosi, ciascuno di essi pareva portare con sé un effetto collaterale.
Quando ormai eravamo tutte piuttosto scoraggiate, ci venne in mente il locale dove la figlia di un’amica aveva fatto la festa di laurea: un caffè nella prima periferia, dotato di una saletta interna arredata in modo rustico, con un ampio parcheggio davanti. Un posticino confortevole, specializzato in colazioni e aperitivi. Le prime ci sembrarono fuori luogo, ma i secondi erano perfetti: avremmo fatto la presentazione nel tardo pomeriggio e poi ci saremmo regalate un paio di spritz, ottimi sia come festeggiamenti che come consolazioni, a seconda di come fossero andate le cose.