Nel
Timeo Platone spiega il mito del Demiurgo, descrivendolo come colui la cui azione ordinatrice collega il Mondo delle Idee al Mondo Fisico. Il Demiurgo non è un dio che genera dal nulla: lavora su una materia che già esiste e non crea ex novo. Il mondo che il Demiurgo produce è animato nel senso che possiede un’anima, non è possibile che esista un qualcosa di intelligente che non abbia anche un’anima.
Non ho studiato filosofia e probabilmente si vede da come mi esprimo, ma la figura del Demiurgo mi ha sempre affascinata; lo immagino un creatore di mondi, qualcuno che prende la materia informe, la plasma e infine la trasforma in qualcosa che possiede vita, corpo, struttura.
Ecco. Se penso a R. Tolkien, a J.K. Rowling, a George R. R. Martin, a Terry Pratchett, io mi figuro dei demiurghi. Loro non si sono limitati a raccontare delle storie, per quanto complesse, per quanto fantasiose, loro ci hanno costruito universi intorno. Degli universi che hanno leggi e regole talmente solide, da rendere il “patto con il lettore” qualcosa di più reale della realtà stessa. Nessuno di noi dubita della validità degli incantesimi di Harry Potter, e quante volte avremmo desiderato un GiraTempo, per sistemare quelle cose mal risolte o lasciate a metà. Chi non avrebbe voluto nascere Hobbit? Casette accoglienti, buona cucina, erba pipa, balli canti e, se proprio necessario, avventure in terre sconosciute. E chi è riuscito a guardare una tartaruga con gli stessi occhi, dopo aver letto le storie del Mondo Disco, un mondo a forma di disco sorretto da quattro elefanti che poggiano su una gigantesca tartaruga di nome A’Tuin che vaga nello spazio? Gli esempi sono molteplici, e potremmo infilarci dentro anche cinema e graphic novel. Le saghe sono narrazioni ricorrenti, che hanno la qualità di intrappolarci; come nella favola di Alice, rincorrere un coniglio e trovarsi catapultati nel suo mondo, è questione di un attimo.
Quello che da lettori ci sembra automatico, quasi scontato – e qui sta l’abilità del narratore – non lo è affatto per colui che scrive.
Inventare un mondo significa programmarlo nei suoi più minimi particolari. Il mondo si basa su leggi fisiche e matematiche che l’autore deve aver minuziosamente verificato.
Le cronache di Narnia di C.S. Lewis si svolgono in una geografia ben delimitata: isole, lande, arcipelaghi, ma anche città, province, castelli, ciascuno con una sua collocazione ben precisa. Gli spostamenti sono accurati, calcolati nel tempo e nelle modalità. Nulla avviene a caso. Quanto a geografia, neanche Tolkien ha nulla da imparare. La mia copia cartacea de
Il Signore degli Anelli – talmente vetusta che gli Uruk-hai sono tradotti come “Orchetti”- contiene al suo interno una vasta mappa, un A3 incollato alla quarta di copertina, in cui sono indicati tutti i luoghi con tanto di riferimento ai punti cardinali.