Le graphic novel sono romanzi grafici, strutture narrative complesse, che del romanzo posseggono tutta la malia. Non ramo cadetto della narrazione, ma esempi compiuti e completi della stessa. I personaggi evolvono, le trame si snodano, i linguaggi si stratificano. Ogni sperimentazione è consentita e incoraggiata, perché non siamo nel mondo un po’ supponente dell’alta letteratura, siamo nel sottofondo umido e prolifico, dove tutto è concesso, dove la parola incontra il segno e lo nobilita, o viceversa.
Quando ero ragazzina, il lunedì usciva
Lanciostory; la tradizione era comprarlo e poi non sfogliarlo fino a che non fossi stata in casa, sdraiata sul letto. Mi pesava non dare una sbirciatina, ero curiosa come una scimmia, ma mi trattenevo perché conoscevo il premio. Che fossero storie autoconclusive o serie a puntate, c’era l’emozione di scoprire gli eventi e – al tempo stesso – la soddisfazione visiva delle immagini, a volte a colori, altre in bianco e nero. Prima di allora c’erano stati i fumetti Marvel, “supereroi con super problemi” e prima ancora lui, l’insostituibile
Topolino, il personaggio che puoi scegliere per naufragare su un’isola deserta, nella certezza che troverà il modo per riportarti a casa.
Lanciostory fu la fionda, e la mia passione venne sparata lontano. Iniziai a frequentare le fumetterie, questi luoghi singolari che raccolgono appassionati di ogni genere. Accanto a noi più “tradizionalisti”, i primi esemplari di quello che ora è un esercito: gli “otaku”, appassionati di manga e anime. L’unico limite era quello valido anche nelle librerie: bisognava scegliere, perché il portafogli non era capiente per tutto. E si sceglieva, in base ai consigli degli amici, ai “sentito dire”, alle recensioni delle riviste specializzate. Ricordo i pomeriggi in una meravigliosa fumetteria nel centro di Bologna, la città dove ho studiato. Si passavano le ore, a sfogliare, maneggiare con cura. Uscivi con un albo da poche migliaia di lire e ti sentivi un po’ felice per il tuo acquisto e un po’ triste per quello che avevi dovuto lasciare in negozio. Ma fiero di questa passione.
Leggo fumetti perché mi fa bene, mi fa sognare, perché imparo sempre qualcosa. La bellezza conosce mille strade per arrivare ai nostri cuori. Il fumetto è una di queste.
Francesca Mairani
Post Header Image: Federico Memola (autore), Federico Vicentini (illustratore)
Il regno di Fanes