La citazione viene direttamente dal sito del Ministero della Salute, lì dove si titola “Alimentazione corretta”, e credo sia da ritenersi inconfutabile. Al di là delle diete alla moda e dei gusti personali, niente come un’alimentazione varia e bilanciata può essere considerata fonte di salute.
Se esistesse un Ministero della Lettura, e fosse chiamato a redigere un vademecum del sano lettore, si baserebbe più o meno sugli stessi principi: un pochino di tutto variando spesso. Io, che tengo alla salute della mia scrittura forse più che a quella dei miei trigliceridi, ho adottato questa formula con risultati soddisfacenti, e mi sento di consigliarla.
Senza la presunzione di fissare dei dogmi, mi permetto di offrire qualche consiglio mutuato dalla mia esperienza.
Quando si scrive – ma anche quando non si scrive, perché certi vizi bisogna mantenerli – si dovrebbe leggere:
1) Un po’ di poesia. La poesia serve principalmente ad arricchire il lessico e incrementare la musicalità delle frasi. Leggendo poesia si impara che la scelta di una parola non è indifferente, perché avvicinare certe consonanti può creare contrasto, così come armonizzare certe vocali può dare respiro. A seconda dell’effetto che vogliamo trasmettere useremo certi suoni e parole: non tutti i sinonimi hanno la stessa resa stilistica, e questo la poesia ce lo insegna meglio di qualsiasi maestro.
2) Un po’ di manualistica. Se i nostri personaggi fanno un lavoro, o studiano una materia, noi dobbiamo averne un’infarinatura, perché questo si rifletterà sulle loro abitudini e sul loro linguaggio. Se il nostro protagonista è dottore commercialista, non andrà di sicuro in ferie a giugno, ma in agosto o in settembre, e questo perché a giugno ci sono le dichiarazioni dei redditi e i commercialisti sono blindati in ufficio dodici ore al giorno. Sembra una sciocchezza, ma non lo è affatto. C’è poi da aggiungere che certe letture possono fornire suggestioni insperate. Nella storia che sto scrivendo, uno dei personaggi è appassionato di giardinaggio. Per “restare sul pezzo” mi sono letta una pubblicazione sulle piante da appartamento. Sapeste che nomi poetici hanno alcune di loro! La violetta africana, che almeno una volta nella vita ciascuno di noi ha avuto per casa, si chiama Saintpaulia Ionantha. A me Saintpaulia Ionantha fa pensare a una musicista cubana. Voi non la scrivereste la storia di Saintpaulia, che ogni martedì sera si esibisce con il suo gruppo all’Havana Cafè? Io sarei curiosa di leggerla.
3) Un po’ di buona narrativa. Ispirarsi ai maestri non è peccato, e siate certi che nessuno di loro si arrabbierebbe nel sapere che le proprie opere vi hanno aiutato a scrivere meglio. Anzi! Analizzare le strutture di un romanzo, individuare i punti di snodo di un racconto, possono indicarci una strada da percorrere, tanto più preziosa quanto più ci troviamo alle prese con un momento di impasse. Non si tratta di copiare, copiare è giocare sporco e comunque si viene scoperti quasi subito. Si tratta di attingere alla fonte del talento. Se loro – quelli bravi – hanno scelto una formula narrativa anziché un’altra, vale la pena rifletterci sopra.
4) Un po’ di “qualsiasi cosa che ci piace”. Anche il nostro cervello, come ogni altra parte di noi, ha bisogno di relax, tanto più quando lo sottoponiamo a tour de force creativi. Prenderci delle pause e lasciare che il godimento ci ristori, non è affatto da sottovalutare. Poi ognuno goda come vuole: c’è chi si rilassa con un
Urania e chi con
Guerra e Pace. Criticare i piaceri altrui è una grande forma di presunzione.
Concludo questa mia appassionata disamina con il dire che – per quanto mi riguarda - ciò che amo leggere è, nella maggior parte dei casi, diverso da ciò che amo scrivere. Mentre nella scrittura cerco di lavorare su quello che mi è vicino e che meglio conosco, valorizzando le mie competenze e la mia emotività, nella lettura mi piace scivolare su superfici sconosciute, nella speranza di trovare asperità interessanti che mi tengano agguati e mi lascino stupefatta. Sono più coraggiosa come lettrice, che come scrittrice, lo ammetto, ma chissà che un domani non possa ribaltare questa proporzione.
Francesca Mairani