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15 Novembre 2021La musica delle storie
Tipologia: Scrittura e Musica
Data inizio: 01/12/2021
Ente organizzatore: Bottega di Narrazione
Regione: Veneto
Località: online
Docente: Giulio Mozzi, Arianna Ulian
Costo: € 439 Iva inclusa
Bottega di Narrazione organizza il corso “La musica delle storie” con Giulio Mozzi e Arianna Ulian
Questo corso si rivolge a chiunque abbia mai pensato che un certo racconto sembra proprio una ballata o una canzone; a chiunque abbia mai cercato di riprodurre nella propria scrittura il ritmo o i suoni di una certa musica; a chiunque abbia l’abitudine di scrivere ascoltando musica, e scelga certe musiche per certe scritture e altre musiche per altre scritture; a chiunque abbia mai pronunciato, parlando di letteratura, parole come “romanzo polifonico”, “questo racconto è come un quartetto d’archi”, “vorrei scrivere un racconto jazzato”, e così via.
Non è necessario possedere una particolare competenza musicale: basta avere un po’ di curiosità, e voglia di godere la bellezza della musica.
PROGRAMMA
Il percorso che proponiamo definisce il suono e introduce il concetto di oggetto sonoro, presenta alcune figure e alcuni temi centrali nella storia della musica, ma soprattutto guida a un ascolto attivo, presente, appassionato. Abbiamo idea che un certo modo di ascoltare possa suggerire nuove storie, sbloccare i momenti di impasse durante la stesura di un testo, suggerire soluzioni inattese, ampliare – molto – l’immaginario di ciascuno. Ascoltare di più, più a fondo, ripetutamente, nel dettaglio, con testardo godimento, ascoltare musica nuova, senza pregiudizi e senza reverenza: John Cage direbbe Happy new ears.
Primo incontro. Definire, misurare e rappresentare il suono: per un ascolto gaudente.
Che cosa è un suono, come è composto? Esistono suoni naturali e suoni intenzionali: che differenza c’è fra suono e rumore? Le avanguardie artistiche e le poetiche del rumore: dal futurismo alle pale di elicottero di Stockhausen, senza dimenticare i Pink Floyd.
Che cosa è un oggetto sonoro? Visualizzare le caratteristiche di un suono con gli spettrogrammi e vedere gli avvenimenti sonori che costituiscono un brano musicale come oggetti grafici: l’Acousmographe del GRM.
Guardare una partitura classica come si guarda un’opera d’arte visiva, leggerla come se fosse testo.
Tornare alla percezione. Ora che sappiamo che cos’è un oggetto sonoro, sentiamo in modo diverso?
Secondo incontro. Il suono in cui viviamo e il suono che noi stessi siamo
Il suono in cui viviamo è un importante libro in cui Franco Fabbri, musicologo e musicista, affronta il tema della definizione dei generi musicali parlando di territori; il popular è la musica fatta per piacere (having popular appeal). È il suono in cui viviamo immersi, poiché la sua nascita è indissolubilmente legata allo sviluppo della industria musicale e alla diffusione dei media.
In questo incontro ascolteremo il paesaggio sonoro antropico, intenzionale, composto e potremo pensare a come ciascuno di noi lo abita, per arrivare alla consapevolezza che anche i personaggi delle narrazioni vivono dentro al suono composto, alla musica. Saperlo, sentirlo, può essere una risorsa preziosa quando si scrive.
Faremo poi un passo ulteriore verso un nuovo territorio sonoro, in sigla ASMR (risposta sensoriale meridiana autonoma) in cui il corpo dell’ascoltatore è stimolato da suoni e rumori registrati in massima prossimità per provocare una reazione di formicolio, massaggio o anche orgasmo cerebrale…
Terzo incontro. I suoni non convenzionali: nei dintorni del testo.
Il ticchettio delle chiavi e dei tasti di un flauto traverso, il fiato che passa dentro a un sassofono senza mettere in vibrazione intonata l’ancia, la percussione della cassa acustica di una chitarra, i colpi di piede sul pedale di un pianoforte, senza toccarne i tasti, l’uso del bocchino di una tromba staccato dal corpo dello strumento: sono gesti sonori che molti musicisti e compositori includono nella propria estetica, spesso come introduzione, apertura e chiusura, dissolvenza di lunghi assoli. Si tratta di rumori evocativi, che si trovano nei dintorni del suono… A cosa servono i dintorni? conducono? dichiarano? esistono dintorni del testo?
Quarto incontro. Per un patto acustico col lettore: la progettazione sonora nella scrittura
Al pari di ogni altro elemento della narrazione, anche il suono deve poter rientrare nel patto di sospensione dell’incredulità: il lettore accetta momentaneamente l’impossibile, ma ciò che è impossibile va definito rigorosamente. Per quanto riguarda il suono, però, la faccenda è più complessa, proprio per la sua apparente naturalezza. Ci sono libri in cui la musica ha un ruolo fondamentale, e libri scritti da autori chiaramente appassionati di musica e di suono, ma ci anche molti testi che presentano errori acustici palesi, situazioni sonore impossibili. Pensate che se ne accorga solo il lettore con competenze specifiche? Vi dimostreremo di no: perché vale per il suono ciò che vale per il linguaggio, ossia noi vi abitiamo, e lui ci abita, e ciascuno di noi sul suono sa molto di più di quanto creda.
In questo incontro leggeremo testi, nostri e altrui, facendo attenzione al suono, a tutte le parole che lo evocano, e immagineremo così nitidamente l’ambiente sonoro di questi testi da sentire subito l’eventuale nota dolente.
Quinto incontro. Suonare le parole. Dal madrigale al Novecento seguendo le varie tecniche nel rapporto fra musica e testo.
Inquesto incontro ascolteremo alcuni esempi di relazione fra suono strumentale e suono della lingua, identificheremo le funzioni e gli effetti e ragioneremo sul comportamento vocale nella lettura dei testi.
Per esempio: Claudio Monteverdi, Ecco mormorar l’onde, testo di Torquato Tasso: la musica che imita la parola che imita la realtà.
Lucia Ronchetti, Pinocchio, una storia parallela, testo da Giorgio Manganelli e Carlo Collodi: la polifonia come stratificazione del personaggio e dell’immaginario.
Luciano Berio, A- ronne, testo commisionato a Edoardo Sanguineti: pronunciare parole con differenti articolazioni acustiche ne cambia il significato.
Cathy Berberian, Stripsody: rendere naturale ciò che non lo è, ovvero l’onomatopea dentro al tessuto vocale.
Sesto incontro. Sentire le voci: un dettaglio
Nella musica di tradizione orale italiana esistono esempi meravigliosi di coralità, dialoghi e canti a chiamata. A partire dalla quintina sarda, voce udibile ma non reale originata da un fenomeno fisico che appare durante il canto di quattro cantori sardi riuniti in una confraternita, analizzeremo le relazioni fra le voci. In letteratura esistono molti esempi di narrazioni cosiddette corali, ma spesso si tratta solamente di prese di parola giustapposte che forniscono al lettore differenti punti di vista su un fatto, una trama, una vicenda. Che cosa può insegnarci la musica in questo caso?
Settimo incontro. Le Sacre du Printemps di Stravinskij è un balletto!
Il 29 maggio del 1913 al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi andò in scena la prima rappresentazione di Le Sacre du Printemps: musica di Igor Stravinskij, coreografia di Vaclav Nizinskji per la Compagnia dei Balletti russi di Sergeij Diagilev. In questo incontro vorremo comunicare il sentimento di un rimpianto impossibile, e portare ciascun partecipante a dire: quanto avrei voluto esserci! Perché si tratta di un’opera fondamentale della storia della musica, perché è musica bellissima, ma soprattutto per capire come sia possibile danzare in assenza di regolarità ritmica. Le Sacre è costruito per blocchi sonori pietrificati che si susseguono senza creare discorso, senza linee di forza compositive, arbitrariamente. Come fanno a stare (così bene) insieme? Grazie a una feroce, barbarica articolazione ritmica, caratterizzata da continui spostamenti di accento e cambi di tempo improvvisi. La struttura è il tempo. Ma un tempo che non si può tenere, non si può andare a tempo.
Da Nizinskij a Leonide Massine, Maurice Béjart, Pina Bausch, Marta Graham fino ad Angelin Preljocaj, sono stati i coreografi a raccontare la trama del Sacre torcendo, pestando, piegando, forzando i corpi dei danzatori. Dopo una analisi e una visione dei gesti più significativi, cercheremo il senso di costruire con le parole senza raccontare una storia ma creando un tempo, lavorando il tempo fino a perdere il fiato, fino allo sfinimento della voce narrante. E naturalmente ci domanderemo che relazione ci sia tra la parte significante del testo (le parole) e quella per così dire gestuale: la punteggiatura, gli a capo, le righe bianche, le scansioni di capoversi e di capitoli: una cosa è la danza di Ernest Hemingway, altra cosa è quella di Thomas Bernhard.
Ottavo incontro: L’equivoco di chiamarlo minimalismo
La Monte Young è, nel territorio delle avanguardie americane, il musicista più sorprendente e il ricercatore più estremo: oggi novantenne, con la compagna Marion Zazeela vive da anni in un appartamento dove vengono diffuse senza sosta una particolare frequenza luminosa e una pasta sonora in lentissima evoluzione armonica. A partire dagli anni ’60 entrambi hanno praticato la musica in modo radicale seguendo la massima di John Cage sullo scopo della musica: il primo scopo è, naturalmente, non avere alcun scopo ma occuparsi dei suoni. In Composition n.7 (1960), La Monte Young si occupa di due note, un si e un fa diesis da far risuonare per un tempo indeterminato: questa composizione non può raccontare nulla, non rimanda a contenuti emotivi estranei, richiede un ascolto di tipo statico ed estatico, una percezione sottile capace di cogliere le minime variazioni di riverbero e di armoniche presenti nei due suoni. Minimal music?
Steve Reich nel 1965, lavorando con due registratori su un frammento di una frase raccolta per la strada, fece scorrere i due nastri a velocità leggermente diverse scoprendo che il progressivo sfasamento del suono gli permetteva un controllo formale paragonabile alla rotazione lentissima di un caleidoscopio, in cui le minime trasformazioni del materiale potevano essere percepite e godute, e di questa tecnica fece il suo stilema, e poi la sua poetica. Philip Glass qualche anno dopo sperimentò una tecnica di addizione progressiva che, a partire da un nucelo tematico sonoro di base, aggiunge progressivamente note ed effetti in una specie di crescita organica. In questo incontro proporremo alcune delle composizioni più significative del minimalismo americano e faremo esperienza di ciò che accade al corpo durante l’ascolto. Si tratta di tecniche molto chiare, applicate in modo radicale: e se lo chiamassimo massimalismo? e se lo cercassimo sulla pagina scritta? Molte di queste soluzioni compositive sono infatti applicabili alla frase, al racconto…
Sul sito di Bottega di Narrazione il programma completo integrato da clip video e bibliografia.
DOCENTI
Arianna Ulian è nata nel 1975, vive a Venezia ed è maestra di scuola primaria. A Bologna si è laureata in Filosofia della scienza, ha frequentato il conservatorio come trombettista e la Scuola popolare di musica Ivan Illich nei corsi di Improvvisazione e di Musiche di tradizione orale. Ha suonato per dieci anni con la Banda Roncati intervenendo in contesti di festa, di protesta e di memoria sociale, e partecipando a numerosi festival di musica internazionali. A Parigi ha studiato Composizione elettroacustica e ottenuto un diploma di studi approfonditi in Musica contemporanea presso la Sorbona. Ha lavorato come progettista sonora per l’architettura, il design di prodotto e la comunicazione d’impresa. Ha pubblicato due racconti nella rivista «Opera Nuova»; nel 2020 ha esordito con il romanzo La questione dei cavalli (Laurana).
Giulio Mozzi, direttore della Bottega di narrazione, è nato nel 1960. Abita a Padova. Ha esordito nel 1993 con Questo è il giardino (Theoria, premio Mondello opera prima; tradotto negli Usa, This is the garden, Open Letter), cui sono seguite altre raccolte di racconti: La felicità terrena (Einaudi 1996, nella cinquina del premio Strega; tradotto in Francia, Bonheur terrestre, Hachette); Il male naturale (Mondadori 1998), Fantasmi e fughe (Einaudi 1999), Fiction (Einaudi 2001), Sono l’ultimo a scendere e altre storie credibili (Mondadori 2009, premio Settembrini), Favole del morire (Laurana 2015). Del 2020 è l’autoantologia, curata con Gilda Policastro, Un mucchio di bugie. Racconti scelti 1993-2017 (Laurana) e del 2021 il romanzo Le ripetizioni (Marsilio, Premio Mondello). Ha pubblicato anche alcuni libri in versi, tra i quali Il culto dei morti nell’Italia contemporanea (Einaudi 2000) e Il mondo vivente (Lietocolle 2020). Con Stefano Brugnolo è autore di due fortunati manuali: Ricettario di scrittura creativa (Zanichelli 2000) e L’officina della parola (Sironi 2014). Altre sue opere sullo scrivere: Parole private dette in pubblico (Fernandel 2002); (non) Un corso di scrittura e narrazione (Terre di Mezzo 2009); Oracolo manuale per scrittrici e scrittori (Sonzogno 2019); Oracolo manuale per poete e poeti, scritto con Laura Pugno (Sonzogno 2020). Suoi racconti e poesie, oltre ai due libri già citati, sono stati tradotti in Russia, Giappone, Germania, UK, Olanda. Ha lavorato come talent scout e come consulente editoriale per Theoria, Sironi, Einaudi, Laurana, Marsilio. Insegna scrittura e narrazione dal 1993; ha insegnato come docente a contratto presso diverse università (Padova, Bari, Siracusa, la Sapienza di Roma, Piemonte Orientale), nel 2011 ha fondato a Milano la Bottega di narrazione.
QUANDO E DOVE